French Fries Magazine — FF

View Original

Agustina Bottoni ci racconta il suo autentico e delicato mondo progettuale: tra musica e design, realizza oggetti dall'alto valore emotivo

Words: Margherita Pincioni / margherita_pincioni/

Agustina Bottoni / agustina.bottoni/

È nata in Argentina, ma vive a Milano e nei suoi lavori è evidente il variegato background multiculturale. Molti oggetti, da lei creati, sono esposti in istituzioni internazionali, come la Triennale di Milano, la London Design Fair, il Salone del Mobile e la Maison et Objet, ed è co-fondatore del collettivo di design The Ladies 'Room. È da sempre impegnata in una costante ricerca e in un’autentica applicazione dei materiali; esplora nuovi linguaggi sospesi tra design e arte e crea delle vere e proprie composizioni armoniche dai tenui colori.

  • Sei nata in Argentina, mi racconti una similitudine e una differenza tra Buenos Aires e Milano? 

 Entrambi sono città da scoprire, si assomigliano nel fatto che in centro sembrano essere tutti di fretta con affari molto importanti, la differenza maggiore è nelle dimensioni: Buenos Aires è gigantesca paragonata a Milano, quindi dà l’impressione di non dormire mai. 

  •   Fai parte di The Ladies' Room - insieme a Sara Ricciardi, Astrid Luglio, Ilaria Bianchi -, vorrei che mi elencassi 3 aggettivi che raccontano il collettivo e sapere come nasce un progetto all'interno di questo gruppo di designer.

Dialogante, diverso, magico.

Il nostro processo creativo è fluido e cambia in base al progetto, è un ciclo rigenerativo di idee. Cerchiamo di ascoltare con molta attenzione. Condividiamo visioni e valori, ma siamo anche entità molto diverse, quindi le nostre singolarità alimentano la visione collettiva.

  • Hai un mantra? Qualcosa che dici a te stessa quando ti guardi allo specchio la mattina?

     

Cerco di ricordare di essere gentile con me stessa e rimanere autentica.

  • Sul tuo profilo Instagram ho visto che stai costruendo una piccola architettura, di cosa si tratta?

Si tratta di uno spazio dove sarei molto felice di trovarmi in vacanza, vicina al mare. L’ispirazione parte da una proposta di set design che avevo fatto per un cliente, che purtroppo non è mai stata realizzata. Una notte, durante la quarantena, ho sognato questo spazio immaginario ed ho iniziato a costruire un modello con materiali di scarto che avevo disponibili nel mio laboratorio. E’ stato un esercizio molto terapeutico, creare solo per godere di quel momento e vedere finalmente il mio sogno realizzato.

  • Se tu avessi bisogno di un nome d’arte, come vorresti farti chiamare?

Mara. E´ il mio secondo nome, un omaggio alla mia nonna che ammiro molto, e mi serve quando voglio passare in incognito: di conseguenza divento più avventurosa. 

  •   Uno dei tuoi ultimi progetti è la collezione di candelabri Constantin disegnata per Colé Italian Design Label, una bellissima citazione a Brancusi.

La mia collezione Constantin è, infatti, ispirata alle opere di Constantin Brancusi. La collezione ha lo scopo di creare composizioni libere con gli elementi in legno e marmo, seguendo il gusto e l'intuizione personali, nello stesso modo in cui l'artista apparecchiava le opere nel suo atelier, creando relazioni spaziali tra gli oggetti, seguendo la sua sensibilità. I reggilibri, ad esempio, prendono la forma dalle basi delle sculture di Brancusi, che costituiscono una parte essenziale delle opere, combinando forme e materiali diversi.

  • Immagina di progettare un oggetto nello stesso modo che useresti per cucinare un piatto. Mi scrivi la ricetta di .... 

     

La base è sempre qualcosa, anche piccola che mi affascina, richiamando la mia attenzione e che ritengo sia originale e valga la pena approfondire. Si aggiunge una vasta ricerca per arricchire concettualmente il progetto ed arrivare a nuovi abbinamenti di ´sapori´. Si lascia riposare per qualche giorno. Si condisce con delicati colori e dettagli.

  • Mi affascina la scultura sonora Melodicware,  oscilla e rilascia melodie ispirate a Debussy. Come è nata l'idea? 

Era la prima volta che consideravo il suono come un possibile attributo di un oggetto. Cercavo tonalità celestiali e accoglienti, quindi l'intero sviluppo della ricerca era sempre accompagnato dalla musica. La mia più grande ispirazione è stata Claude Debussy, per il tipo di composizione impressionista che tenta di rappresentare i suoni della natura. Ho scelto una scala musicale emessa da sette tubi di ottone di diverse lunghezze. Inoltre ho dovuto considerare tutta una serie di aspetti tecnici relativi al suono e all'uso di forme corrette. Questo è stato un lungo processo puramente empirico. D'altra parte, volevo incoraggiare l'interazione con gli oggetti attraverso la tattilità. Una preziosa fonte di ispirazione è venuta dal mondo tessile. Ad esempio, dal Portal Sonoro, una tenda annodata a mano con opulenti elementi di passamaneria che ci accoglie emettendo musica ogni volta che la attraversiamo.

  •  Apri il tuo armadio e descrivimi i capi che ami di più?

 Amo i miei pezzi vintage, quelli che ho ereditato della mamma e dalle zie, anche quelli che ho iniziato a collezionare, di case di moda che ho sempre ammirato. Per fortuna ho l’occhio per trovare qualcosa di speciale nei mercatini. Adoro un mio cardigan di Dior degli anni ’70, che ha sontuose frange, una blusa di Krizia in colore avorio con dettagli in blu nelle maniche e nel collo, e una minigonna in velluto di Castelbajac che mi fa venire la voglia di ballare.

  •  Che rapporto hai con la moda? Segui le tendenze o preferisci uno stile personale? 

 A Buenos Aires ho studiato moda e lavoravo per aziende locali sia come designer che ricercatrice di tendenze. Ora sono un po’ meno immersa in quel mondo ma mi interessa ancora osservare gli andamenti della moda come manifestazione culturale, scegliendo solo quegli elementi che si abbinano al mio modo di essere: ho sempre preferito coltivare uno stile personale più atemporale. Quando acquisto un vestito penso alla possibilità di essere addatto e usato per vari anni. La moda è sempre stata per me una possibilità di esprimermi, al punto che ho realizzato alcuni capi per avere qualcosa di diverso e unico.

  •   Dove mangi le migliori French Fries? 

Nei vecchi bar di Buenos Aires: un po’ brutti ma autentici.